venerdì 25 maggio 2012

Il mio secondo rental, il mio primo Shinkansen




- "Le cronache di Nipponia" -
     quarantesimo giorno
     (martedi' 22 maggio)


Quando sei sullo Shinkansen non ti rendi conto di quanto sia veloce, lo Shinkansen. Quando sei nel gabbiotto di vetro alla fermata e passa un altro Shinkansen e trema tutto, lì lo capisci, quanto sia veloce lo Shinkansen. Fa ufficialmente brutto, lo Shinkansen. E prenderlo è più difficile che dire dieci volte di seguito Shinkansen.
A Nagoya con Jasmine-san, che ovviamente non si chiama Jasmine-san, ma quel gran burlone del top leader pare scelga nomi a caso per la gente. Da qui Jasmine, Anita e penso anche Christie, a questo punto. Il top leader è proprio un boss. Nagoya dallo Shinkansen è un incanto. Case rurali sulle risaie, vecchio Giappone profumato. Sarà che Chiba è sull’oceano, ma anche se piove l’aria è più calda. È proprio quella pioggia calda di maggio profumata di treni e di riso. Siamo appena arrivate e Nagoya già mi piace. Ora andiamo a Gifu. Vediamo che ne viene fuori.

Non ve la posso spiegare, la campagna Nagoyese. Non sono proprio a Nagoya, sono a Gifu, con un vento profumato nel verde più pieno. In questo momento sono seduta sul sostegno di legno di un altare da preghiera, accanto alla cassetta per le offerte. Camminando tra vecchi edifici, ponticelli e casette nel grano siamo arrivati a questo piccolo vecchio tempio. Ci sono persino due torii rossi. Corvi, cicale e uccelli. Ho lanciato 50 yen (lo ammetto, sono un po’a secco) e ho pregato intensamente per la mia persona più cara, perché trovi la pace. L’ho fatto in giapponese, quindi Okamisama avrà capito, spero. Mi perdonerà la grammatica. In tutto ciò posso godermi questa meraviglia perché dopo due ore di Shinkansen, un quarto d’ora di treno e venti minuti di camminata il tipo non è in casa. Ergo dovremo aspettare fino alle sei che ritorni o si presenti o si palesi, insomma. Sono solo le tre e mezza, d’altronde. Ma chi se ne frega.

Scusate, mi sono tolta le scarpe per poter salire a gambe incrociate sulla pedana. Okamisama, che profumo! Non i miei piedi, ovviamente, simpaticoni! Però qui in Giappone, se hai il cuore per farlo, respiri tutto con tutto il corpo e io ho respirato forte più in questo mese con i piedi che nella mia vita con i polmoni. Ho ritrovato il gusto di camminare a piedi scalzi, di vivere una vita vera. Ho ricordato con tutto il corpo d’essere nata in un paese. L’ho ritrovato. Non so se ho capito bene cosa avessi perso o cosa stessi cercando, ma l’ho ritrovato. Persino questi quattro ragazzini che giocano a palla nel parco mi appartengono. Io non tornerò. Non posso perdermi di nuovo. Devo viaggiare e conoscere e capire. Devo stupirmi ancora.
Vorrei tanto portare qui mio padre. Sono sicura che anche lui ritroverebbe qualcosa che forse non ha mai perso. Se a ritroverebbe dentro. E sarebbe davvero felice. Vorrei portarlo a capirmi di più, a sapere perché non tornerò e soffrire di meno. Fargli capire da dentro le mie decisioni, perché sono come sono. Mia madre, invece, è già fin troppo pura. Forse sarebbe lei ad arricchire il posto. Ma qui non ci sono ragazzi da salvare per la sua missione educativa, qui non c’è chi ha bisogno di lei, a parte me. Da questo punto di vista è come me: deve cercare qualcuno da aiutare, salvare, cui dedicarsi. Ieri qualcuno mi ha detto “tu sei proprio una mamma, sei nata per essere una madre”. Mi vengono in mente queste parole nel verde e nel profumo e mi viene da piangere. Vorrei creare una famiglia grande e forte da mandare nel mondo, persone vere, disomogenee, complesse. Artisti di mondo creati  dal mio amore e pronti a viversi per equilibrare la realtà. Non riesco a continuare. Scusate, ma credo di essere in procinto di scoppiare di verità. 

2 commenti:

  1. Vedi che l'essere nati in un paese ha anche i suoi lati positivi. E'bellissimo il "panteismo" che viene fuori dal tuo post, sarebbe interessante cercare dei punti di contatto tra la nostra vita di italiani un po'out, lucani, esseri che sembrano non avere un'identità definita, proprio perché nati in una terra meravigliosa, selvaggia e sconosciuta, e i giapponesi, a mio avviso uno dei popoli più civili ed equilibrati del mondo. Mi dispiace che tu rimanga lì, ma se questo è il posto che ti appartiene, se, per dirla un po'con Platone, nel Giappone vedi la tua tua anima in grande, allora vuol dire che hai trovato la tua patria. Quest'ultima non sempre coincide con il posto in cui nasciamo, bensì a mio avviso, è il luogo in cui ci sentiamo accolti, amati e apprezzati per ciò che siamo davvero. Continua a scrivere Ale...E invita anche papà Mario secondo me gli piacerà il Giappone e poi dovrebbe essere orgoglioso di avere una figlia come te!

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    1. Non solo sei ufficialmente la progenitrice di questo blog in qualche modo, ma hai davvero parole meravigliose e raccolte una a una dall`angolo di labbra in cui ti si formano in automatico..non per niente, non parliamo mica di una pinco pallina qualunque..qui si parla di veterani, direi che sei la mia sempai! Grazie, davvero e di cuore. Il blog mi libera e mi sostiene e chi come te, che non solo l`hai ispirato,ma prendi anche la briga di leggerlo, ci si dedica un pochino non fa che renderlo piu`vero di quello che e`. Accade e nessuno puo`convincermi del contrario. E`la mia vita.

      Grazie mille, davvero..

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