sabato 31 gennaio 2015

Buon 5esimo anno di Nipponia a me














31/1/2015
Come scorre..


Esattamente 5 anni fa avevo le valigie pronte e il cuore in gola. Un`amica impazzita quanto me e nessuna idea di cosa sarebbe successo. Sapevamo solo che dovevamo muoverci ed andare dove sentivamo di dover essere. Sentivamo solo che era giusto così. 



La cosa che mi sconvolge più di tutte a guardare queste foto è che ho ancora le stesse mutande panda, lo stesso orologio e la stessa collana. Il che la dice lunga sull'immenso processo di arrichimento di questi cinque anni. Mi rendo conto solo ora che i cinque sono passati e non me ne ero accorta. 

Proprio oggi ho risposto ad una ragazza mai vista che mi chiedeva consigli su cosa fare dopo la laurea in giapponese e come muoversi, anche se sta al primo anno. A me che ancora non ho deciso cosa fare mentre lo sto facendo. Fatemi condividere il mio pensiero che a dirla tutta ha colpito anche me che l'ho concepito. 

"Per quanto riguarda i miei consigli, lascia che siano spassionati..mi dicono spesso che sono troppo diretta, forse brutale, ma prendili per quello che vogliono essere, una vera e franca indicazione secondo il mio punto di vista.

Tu sei ancora piccolina ed hai appena iniziato, quindi e` normale che sia emozionata, ma il Giappone non e` come sembra. Una mia amica diceva sempre che il Giappone sarebbe perfetto se non ci fossero i giapponesi. Io li amo molto e senza non ci vivrei, ma certe volte mi fanno incazzare come nessuno mai. Come gli italiani, alla fine.

Venire in Giappone e` semplice, restare piu` complesso. Avere il visto e` complesso e vivere tra di loro un`impresa. A meno che tu non sia come loro. Superficiale e pronta a stare con chiunque senza legami profondi. Non che non ci siano, ma sono rari. Per me che odio tutte le cose fluffose, inconsistenti e profonde come una pozzanghera e` realmente complicato. Ma vedo intorno a me masse di gente che sta sempre fuori perche` vuole solo compagnia, piu` quantita` che qualita`. Sono scelte.

L`universita` poi e` una scelta particolare. Io non mi pento, ma di certo non ho proseguito con il percorso della linguistica. In Giappone non ottieni certo un visto come `studioso`, quindi la maggior parte di noi finisce a lavorare in grandi marchi, agenzie o insegnare italiano o inglese. In questo senso ti consiglio assolutamente di prendere il Ditals,

Poi, se puoi, di venire a studiare qui dopo la triennale. La specialistica non ti serve a niente perche` molto probabilmente arriverai qui senza spiccicare una parola come successe a me. Il giapponese studiato e parlato sono due cose diverse. Quindi, se posso consigliarti, fai un viaggio studio appena puoi, e meglio ancora fai la specialistica qui. Per parlare giapponese devi vivere in Giappone e conoscere la cultura VERA, quella fatta di discriminazione e lentezze bestiali.

Percio` ho creato la mia pagina, perche` tutti vedessero cosa sia davvero Tokyo e la amassero comunque.

E soprattutto, visto che sei all`inizio, anche nell`ambito degli studi di yamatologia ci sono due gruppi, gli appassionati e i giappominchia. Il giappominchia medio non conosce davvero il Paese anche se ti puo` dare una miriade di informazioni precisissime, lo vive come un manga e non lo accetta per quello che e`. E` superficiale, ridicolo e falsamente popolare. Di solito in Giappone non dura molto perche` puo` essere un vero giappominchia solo il Italia.

Qui la vita e` dura e per i giappomichia non c`e` storia. Te lo dico perche` notavo quel pericolosissimo doppo tratttino v-volevo s-se...non hai bisogno di simulare imbarazzo come se scrivessi in un baloon, te lo dico di cuore perche` la vita qui e` veramente seria e se vedo un altro giappominchia in vacanza esplodo. Percio` scegli bene il lato della forza e diventa un`appassionata con coraggio, forza!

Indi, i miei consigli. Finisci al piu` presto la triennale, anche perche` nessuno guardera` al tuo voto poi. Prendi il ditals e qualche livello del noryouku shiken non fa male, anche se io non l`ho mai preso, ma sicuramente abilitazioni di inglese aiutano moltissimo.

Poi vieni qui il prima possibile e confrontati con la lingua e la cultura. Ti servira` per capire se davvero ami questo paese o no.

E se invece vuoi vivere in Italia, dirigiti verso un indirizzo politico-economico (come a Pavia ad esempio) per la specialistica, perche` alla fine lingua e cultura sono delle skills, per spenderle nel mondo le devi applicare. Scegli una strada e buttatici contro. E se si rivela sbagliata, respira e prendine un`altra, che` non ci sono risposte definitive.

Spero che prenderai di cuore cio` che ti ho detto di cuore. E che tu ti diverta oltre a studiare, io avrei forse dovuto rilassarmi un po` di piu`, invece ho avuto una fretta infinita per finire a lavorare nel marketing per un`ebrea, di genetica e di fatto."

Onestamente, sono più figa di quanto pensassi. Tutto potevo aspettarmi da me stessa, ma non questa fine, logica e brutale analisi di Nipponia e di me. Sapessi poi scrivere anche in questo blog allo stesso modo sarei ricca. 

Sta di fatto che 5 anni fa ero innamorata e non pensavo minimamente di venire a vivere a Tokyo, né sapevo dell'esistenza di quel fine micromondo che è Nipponia. Ero emozionata, laureata triennale di fresco, incapace di parlare giapponese al punto tale che mi sono chiesta come sia sopravvissuta un mese intero e quando ho messo piede a Narita mi è successa la cosa più inaspettata. Non ho pianto. 

Non ho pianto, né mi sono stupita, emozionata, devastata d'angoscia e magia al contempo, ma stavo lì nervosa a cercare di far funzionare il cellulare. Ero a mio agio, ero semplicemente in un Paese di cui non capivo buona parte delle indicazioni. Ma non eravamo stranite, non eravamo perse né fuori di noi. E' stata la prima volta di una strana sensazione di calma che mi diceva solo "bentornata". Dal primo passo a Nipponia, senza nemmeno saperlo, mi sono sentita in pace con me stessa, mi sono sentita a casa. 

Tutte le sensazionali cretinate viste nel mese seguente, certo, mi hanno divertito, sorpreso, sconvolto ed hanno alimentato il mio migliore umorismo spicciolo per anni, ma io, a Tokyo, non mi sono sentita mai lontana. Avevo un amore che mi chiamava (nel vero senso della parola, ogni notte, su skype, mai una serata tranquilla, mai un'uscita, mai le giuste ore di sonno), ma ogni giorno di Shibuya (dove studiavo) era la pura normalità. Non c'è suo vicolo ancora ora che non mi ricordi un nido. 

Da quella volta di cinque anni fa non ho desiderato che tornare. Non ho desiderato che rimettere il culo su un sedile d'aereo angusto e con pessimo cibo per tornare dove sentivo di avere diritto d'essere e ho corso in tutto ciò che ho fatto con la sola idea di rimettere piede a Narita. Ma non pensavo di viverci. Non pensavo di costruirci un mondo. Pensavo solo che mi sentivo in crisi d'astinenza. 

Ma quando sono tornata, ad Aprile di tre anni or'sono, non è stata Tokyo ad accogliermi. 

Ad Aprile 2012 mi si sono spalancate le porte di Nipponia. Non era il portellone di un aereo, erano degli immensi fusuma. 

Chiba, la New Start, gli hikikomori, il piccolo regno di Aoyama Itchome, l'Edo e lo Skytree, i parchi di notte, la sabbia, i treni, il Kasai Rinkai Koen, i free hug, Asakusa e il Sanja matsuri, gli yukata, i gyoza, quanti quanti gyoza, e te, che mi hai cambiato la vita. 

Il principe di Nipponia aveva messo gli occhi su di me e se ne era innamorato. Per la prima volta, senza volerlo, si era innamorato e mi attraeva a sé come nessuno aveva mai potuto. Abbiamo litigato per desiderio, bevuto senza senso, riso in parchi di notte tra erba e miti greci, guardato un fiume scorrere sopra e dentro Nipponia tutta e un giorno ho promesso che sarei tornata. Non sapevo come e quando ma Nipponia mi aveva scelto e lui mi aveva trovato. 

Quindi quando per caso sono entrata in quel Caffé e quelle due donne mi hanno detto "perché non vieni a lavorare qui?" cambiandomi la vita io non ho avuto nessun dubbio nell'accettare la sfida che Nipponia mi proponeva e ancora non ho vinto. Ho seguito il destino che il ricordo di una vita passata mi proponeva violento e sono finita qui legata a due amori voraci. 

Il mio principe ha lasciato la favola aperta e le due donne sono la mia vera quotidianità. 

Ma Nipponia mi culla ogni giorno. Con le sue folli frenesie, le sue inconsistenze, le sue ridicolaggini. Nipponia mi ha chiesto di viverla in silenzio perché non ero io ad aspettare di tornare a lei, ma lei che ha bisogno di me. Ha bisogno di qualcuno che la ami con tutta l'anima come sento di fare e che la smascheri un passo dopo l'altro con amore turbato e incrollabile. Fino ad un nuovo Meiji Isshin che riveli la gloria di ampi kimono e yuugen (幽玄) di questo Paese. 

Nipponia è incrollabile ma per un nuovo Giappone c'è ancora tempo. Datemi n'altra quindicina d'anni. 









lunedì 12 gennaio 2015

Oltre Nipponia

Ultimamente sono completamente innamorata dell`Oltre Uomo. Al di là dell'indistricabile mistero "com'è possibile che due note su tre presentino errori di battitura?" sono talmente avvolta dal fascino della rubrica da non potermi esimere dal dovere dell'Oltre Nipponia, a.k.a. come copiare un sito di successo per puro edonismo emulativo.

https://www.facebook.com/pages/Oltreuomo-Magazine/223114741203655?fref=ts



°La prima° 

ovvero 

°Le cinque cose che davvero non sai del popolo di Nipponia°

1. Nei treni è severamente sconsigliato parlare al cellulare e fare confusione. Non è consentito parlare a voce alta né occupare eccessivo spazio con le proprie borse.Fino alle dieci di sera, quando si scatena l'inferno dei salary man intenti a riprodurre sacche per il vomito col solo uso delle mani, signore di mezza età devastate da un paio di birre in preda ad attacchi di ridancianità e vecchietti il cui tasso alcolico supera la soglia di bevibilità del loro pannolone. Si noteranno a Nipponia scene di quotidiana serenità quali giovani in giacca e cravatta riversi lungo le banchine o delicatamente cappottati sulle scale. Alcuni giovani sguazzano in pozze di vomito prontamente ricoperte di segatura da ufficiali del servizio ferroviario con l'abilità di soccorso di pigroman, i quali continueranno a scuotere delicatamente chiedendo "daijoubu (tutto bene)" ai suddetti giovani in evidente coma alcolico, con gli occhi riversi al cielo.

2. Nipponia è un Paese d'ordine e controllo, come tutti i paesi di fantasia, per cui sarà sempre necessario mettersi in fila e rispettare i turni. Tranne per: bambini notevolmente spaesati dal gorgo di disordine creato dal sovrannumero di innecessarie regolamentazioni quanto di personale completamente incapace di rispettarlo, popolazione delle periferie perfettamente abituate a risolvere le cose "come si fa dalle loro parti", vecchi che hanno rispettato le file per tutta la vita emobastaveramente e inevitabilmente gaijin ovvero stranieri perfettamente consci di ogni regolamentazione nella più sottile sfumatura diatopica ma altrettanto grati alla loro schermante natura di gaijin per cui "shiranakatta" a.k.a. Ooops, non lo sapevo. Si annoverino anche tutti quelli che vanno di fretta e a Nipponia la fretta regolamenta ogni più sinistro cavillo dell'ordine pubblico secondo l'antica regola di memoria Brignanesca "c'ho da fa, c'ho da spiccià".

3. Nipponia è Paese di indottrinamento, per cui a scuola ci si mette in uniforme, non si fuma nemmeno in orario extradidattico, non si beve fino ai venti anni, ci si alza in piedi per il saluto e il capoclasse svolge una serie di ruoli tra cui raccogliere, compilare e portare documenti di classe al docente responsabile. Tutto ciò per garantire l'ordine e la precisione di cui sopra, nonché le determinanti norme e strutture sociali preservate fin dai bachi di scuola con un livello elevatissimo di bullismo, suicidi ed hikikomori (giovani che si ritirano in casa rifiutando interazioni sociali). In perfetta linea con la Nipponia adulta.

4. I Nipponesi sono noti per la loro dolcezza, la loro amorevole preservazione di forme rituali di saluto e cordialità, costantemente impegnati in sumimasen, de gozaimasu e qualsiasi evoluzione cortese sia concessa grammaticalmente e non a qualsivoglia copula, così da continuare gioviali e reiterati nella pratica dell'oseji, ovvero quella sottile ipocrisia che permetterà loro di farvi a pezzi non appena abbiate girato l'angolo o ancora prima, nelle loro docili menti da homo pechinensis. Quando vi dicevano che dovete asssssolutamente andare insieme a fare qualsiasi cosa in qualsivoglia posto, all'80% non andrete mai. A meno che non steste parlando con gaijin hunters.

5. I Nipponesi sono diffidenti per quanto riguarda gli stranieri, non accettano di farli entrare facilmente nelle loro case, anime e intimità. Ma se si tratta di invitare chiunque non sia in possesso di cromosoma N al solo scopo di postare una decina di foto o vantarsene con gli amici, ben venga una cena, un tè, un giro in una città vicina, non importa quanto tempo passerete insieme e quanto riuscirete a parlare di niente per il maggior numero di ore, l'unica cosa che conta è che potranno metterlo nel loro potenziale pacchetto di smerciamento gaijinibility. Essere gaijin friendly è un must nella Nipponia che conta, l'unica cosa che non conta niente è chi tu sia e cosa pensi perché l'unica domanda di rilievo sarà "lo mangi il natto? E il sashimi?". Perché dice che c'abbiamo il naso alto.