lunedì 21 maggio 2012

Asakusa matsuri con Don Vito Corleone de noartri

Se il liquore giapponese non mi risale nelle vene impedendomi di continuare il racconto, lasciate che vi parli dell’Asakusa matsuri ne


- "Le cronache di Nipponia" -
     trentanovesimo giorno
      (lunedì 21 maggio)



L’Asakusa matsuri è la festa religiosa più importante di Tokyo e si tiene nel quartiere di Asakusa il 18, il 19 e il 20 maggio. A quanto ho appreso, se ho ben capito, quest’anno era la commemorazione dei 700 anni dell’Asakusa matsuri. Ad Asakusa, oltrepassato il kaminari mon, o “cancello del fulmine”, si trova un complesso di templi meraviglioso e per il matsuri s’era riempito di ulteriori bancarelle come ogni festa che si rispetti, con banana split colorati, takoyaki, pesce e carne cotti in tutti i modi, pesciolini rossi da pescare, giochi estivi. Il mio appuntamento era alle 13, quindi ho chiesto di sabottare alla grande e non sono andata a lavorare. Piuttosto ho indossato il mio yukata (kimono estivo) nuovo, non avendo l’obi mi sono ingegnata con una cintura che stava comunque molto bene, la mia borsetta comprata a Kyoto due anni fa e degli zoccoli che non sfiguravano. Ero bella, è inutile a dirsi, finalmente mi sono sentita bella, dolce, elegante e sensuale con un senso di dignità che pervadeva ogni centimetro della mia pelle. Quando sono scesa al centro tutte le ragazze hanno iniziato a dirmi “sexy, sexy, aspetta” e mi hanno sistemato lo yukata. Tenendolo chiuso con una mano, a piccoli passi, la piccola Alessandra si è avviata alla volta di Asakusa. Mi piace ricevere sguardi ammirati, ma odio lo squallore e quella famelicità lasciva che purtroppo è la costante dell’uomo italiano, perciò amo il Giappone. Amo il fatto che gli uomini possano guardare la tua bellezza prosperosa come qualcosa di prezioso e quasi spaventoso, da temere come pericoloso e potente e non da voler spezzare, devastare e distruggere. Questa è una cosa che gli uomini italiani purtroppo non capiranno mai, spostandosi dal desiderio al disprezzo. Una persona meravigliosa, quella sera, in una circostanza del tutto assurda, mezza addormentata e con totale purezza mi ha detto “sembri una modella, un quadro francese”. Nessuno mi ha mai detto cose belle senza alcuno scopo come in Giappone. Da chi mi disse, imbarazzato, che i miei occhi sono cristalli, a tutte le volte in cui mi sento dire che sono energica, bella, solare, intelligente e gentile. Gli uomini qui sono tutti un po’ bambini e come dice il mio amico italiano forse faccio loro anche un po’paura. Di sicuro, nessuno allunga neanche un dito verso di me. Sono salva, al sicuro. Sono felice.
Nonostante tutto, ieri sembravo una bellissima concubina dell’Edo jidai, fiera e sicura. Il mio amico italiano, lì con me, dopo lunghi discorsi filosofici come siamo soliti fare insieme capendoci perfettamente, indossa una maschera appena comprata e attiriamo l’attenzione dei capi del luogo. Le feste religiose, in Giappone, sono gestite da una sorta di mafietta. Come mi hanno spiegato, in Giappone ci sono gli yakuza veri e propri, i mafiosi veri, per intenderci, e poi ci sono le famiglie potenti che gestiscono i quartieri tenendo tutto ordinato e sotto controllo, per intenderci. Uno di questi, insieme a due soci ed una donna che si lasciava buffamente chiamare onee-san, ci fermano e ci chiedono se siamo italiani e ci portano in un famoso bar di Asakusa a bere e mangiare. Finchè il mio amico deve andare ad incontrare il suo capo e io vengo praticamente lasciata in ostaggio. Il Don Vito Corleone nipponico (come si è autodefinito, per altro) fa al mio amico “Ti do un’ora”. Non mi resta che far buon viso a cattivo gioco, sfodero tutta la mia brillante simpatia e giù di risate, pacche, spiegazioni culturali, sentimenti filosofici, gente che vuole fotografare me e il mio tatuaggio, non si capisce più niente. E si beve, si mangia, Don Vito spende, spende, spende. Poi l’onee-san va via abbracciandomi calorosamente e cercando il mio contatto e io, Diego, Don Vito e il socio rimasto andiamo a mangiare il dolce in un altro locale. Don Vito è affascinato, niente da fare, io inizio a temere sinceramente. Ma l’alcol risolve tutto, in certi casi. Passando davanti ad un negozietto Don mi spiega che con il mio yukata, che tra l’altro si mette da luglio, la mia borsa non va bene e mi dice “quale ti piace tra queste due?” indicando quelle corrette. Poi, senza aspettare la mia risposta, mi dice che con i miei capelli e il mio abbigliamento va bene quella chiara e la compra. Così, che volete che sia, solo 150 euro di borsa comprati da uno sconosciuto, che ovviamente ti ci fa subito svuotare dentro la tua roba, perché è quella che devi usare. E grazie alle nostre influenti conoscenze io e il mio amico condividiamo l’esperienza più bella della storia, visto che ci viene permesso l’accesso ad una zona cui non si può accedere ed ho praticamente potuto fotografare il corpo dorato di un dio. È una delle ultime cose che ricordo prima di entrare nell’ennesimo bar ed iniziare a bere un paio di bicchieri enormi di liquore giapponese, quello che noi erroneamente chiamiamo sake. Come dicevo, l’alcol risolve tutto. Niente tiene distante un uomo con cattive intenzioni quanto una bella donna seminuda che vomita l’anima a terra in un ristorante. La restante oretta è vuoto totale, ma mi hanno detto che Don Vito ha rassicurato il mio amico con un “ci penso io”, poi mi hanno messo su un taxi perché non mi tenevo in piedi e vorrei tanto potervi raccontare il resto, esperienza che meriterebbe una cronaca di Nipponia a parte. Ma, in quanto bella, in quanto esperienza e in quanto mia, a meno che non impazzisca e decida di sputtanare proprio tutto, la terrò per me, tra frasi dolcissime e l’essenza vera dell’essere un gentiluomo. Se pensate che il principe azzurro sia una favola, scordatelo. Un principe da manga, con gli occhi a mandorla, la voce gentile, modi delicati e savoir-faire impeccabile è da sogno, altro che favola. Le favole te le raccontano prima di dormire, un sogno ti avvolge e anche quando svanisce, al mattino, ti lascia addosso quel tepore incantevole che ti manca poi per tutta la giornata. Quel tipo di sogno, profumato e con la pelle delicata. L’Asakusa matsuri non per tutti è lo stesso matsuri. C’è chi vomita e sogna senza chiudere occhio. Nella notte giapponese, calda e musicale.

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