martedì 15 maggio 2012

誰もいない海

Ho un milione di cose di cui scrivere, per cui, per evitare di imbrattarvi la bacheca, scrivo una mega-iper-nota de


- "Le cronache di Nipponia" -
  quindicesimo giorno
  (venerdì 27 aprile)


*I supermercati * a.k.a. “Le jeux sont fait, rien ne vais plus!”

I supermercati in Giappone sono dei gelidi casinò e con gelidi non intendo che le persone siano scontrose, ma che sono proprio dei frigoriferi con gli scaffali. Poi ti domandi perché i giapponesi siano sempre raffreddati. E ci credo! Passano da 30°esterni ai -15° dei supermercati. Dai grandi supermercati al minimarket aperto 24/24h non c’è molta differenza nei prezzi, magari il megasuper ha piu’ scelta, ma md e conad ancora non ne ho visti. La parte migliore, però, è assolutamente “la cassa”. Partendo dal presupposto che il carrello è un sostegno di plastica con due spazi, uno superiore ed uno inferiore in cui inserire uno o due cestelli di plastica di quelli che si portano in mano quando non si vuole il carrello. Utile, veloce, salvaspazio, giapponese. Alla cassa prendi il tuo cestello o i tuoi cestelli (ma che parola è “cestello”?), li posi sulla cassa, sposti oltre il sostegno, la cassiera prende la roba dal tuo cestello e mentre ti dice pezzo per pezzo cosa sia e quanto costa mette ordinatamente la roba in un cestello vuoto che ha davanti a sé. Una volta pieno, diventerà il tuo cestello e il vuoto resterà a lei per il prossimo cliente. Prendi il pieno e ti sposti su dei banconi oltre la cassa dove ti metti con calma a riempire le buste senza disturbare gli altri in fila alla cassa. Ma il momento migliore è assolutamente quello in cui paghi. La cassiera ti mostra il totale, tu gli dai i soldi, lei dice quanti soldi gli hai dato e quanto resto ti deve, poi ti mostra il resto con l’abilità di un croupier d’altri tempi (e quando uso questa giocosa espressione, intendo proprio che se sono banconote le apre a ventaglio con grande maestria e poi te le smazza una ad una contandole), te le mette rigorosamente in mano e ti chiede se vuoi lo scontrino. Io vorrei sempre chiamare la finanza, ma alla fine lo fanno, che te lo diano o meno. L’altro giorno c’è stato il momento migliore. Quando mi ha messo nella busta il sapone liquido (perché nei minimarket ti riempiono loro la busta e te la porgono pure) io l’ho subito preso e messo in borsa. Vedevo il commesso in attesa e non capivo perché avevo già preso soldi e prodotto. Poi l’ho guardato ed ho capito che stava aspettando di porgermi con entrambe le mani lo scontrino. Me lo doveva dare in mano, capite? Non lo poteva gettare quasi con sdegno come la migliore delle commesse italiche, doveva accuratamente posarlo tra le mie mani. Mi dispiace non potervi far sentire la tonalità, rigorosamente identica per ogni commesso di Nipponia, con la quale elencano i prodotti, prendono i soldi e vi danno il resto. Non esistono individui divertenti quanto i nipponesi, davvero non credo esistano. Sono proprio dei mitici bizzarri.


*Kichijouji* a.k.a. nemmeno Fiorello mi ha segnato tanto

Finalmente mercoledì la mia prima uscita serale tra ccciovani. Sono andata a Kichijouji con Diego, due sue amici giapponesi, una giapponese e un finlandese che parlava un giapponese veloce quanto incomprensibile. Ci ho messo solo un’ora e mezza, d’altronde, quindi sono lieta di vivere a Chiba. Questa volta sono uscita con la Tokyo bene, tutta gente dotata che studia alla Tokyo Daigaku, comunemente detta Università imperiale di Tokyo. Dove ha studiato Mishima, per intenderci. E dove studia anche il mio amico Diego (amico è poco? Vogliamo dire orgoglio? ^^). Vogliamo fare l’esempio di questo giovane di 23 anni che ha studiato in America, è laureato e questa settimana ha trovato lavoro in banca? Non so. Comunque sia, Kichijouji è piena di locali, è una Shibuya meno colorata e più a misura d’uomo. A quanto sembra è il quartiere più ricco di angoli al mondo, non so se sia un primato figo, ma è così. In uno di questi vicoli angolati abbiamo mangiato in un locale piccolissimo su due piani, come si usa qui: piatti al centro, alcol a manetta, tutti di faccia nei piatti e si ride e si scherza (e si beve, manco poco). Poi abbiamo fatto una passeggiata e qui l’idea geniale: il karaoke. Non ero mai andata ad un karaoke giapponese e temevo di non poter cantare niente. Se posso esprimermi liberamente..la regina del mic!!! E’ stato fantastico! Prima di tutto riuscivo abbastanza bene a leggere l’hiragana (merito del duro allenamento con Touma-kun), poi c’erano sia cantanti stranieri che sigle di anime, quindi daje di Bohemian Rapsody, Natural Woman, Sailor Moon , Dragon Ball e Karekano (Le situazioni di Lui e Lei). E giù con i complimenti sulla voce. Eheheheh. Poi i giapponesi sono fantastici, si sgolano, si sbragano, si divertono come i pazzi. Sono troppo carini, con un giapponese ti diverti responsabilmente. Avevamo scelto una serata in cui con 10 euro circa bevi e canti quanto vuoi tutta la notte e abbiamo allegramente fatto le 3. D’altronde, Diego doveva alzarsi solo alle sette! Quindi siamo corsi a casa ed io ho avuto l’onore di dormire al dormitorio maschile, in una stanza minimale come la techno in cui la stanzetta con il water è anche la doccia. Comodo? No. Né utile né bello, ma sarà almeno un edificio Meiji (1868-1912), pensando alle nostre scuole non mi esprimerei. La mattina, con calma, sul tardi, verso le 7.40!!!, siamo usciti perché Diego aveva lezione alle nove, quindi abbiamo preso un autobus, un treno, poi io ho cambiato due metro e alle dieci e qualcosa ero a Chiba. A quel punto i piedi non reggevano più le scarpe della laurea, quindi me le sono abilmente tolte e sono tornata a piedi nudi. La gente mi guardava molto meno di quando fumavo camminando (qui non si può, come in America) e soprattutto arrivata a casa ho dovuto solo sciacquare un po’ i piedi. A Roma avrei preso il tetano solo a pensarla, questa cosa. Totale costo serata, cena + karaoke + trasbordi: 40-50 euro. Direi che ne è valsa la pena. Questa cosa avverrà almeno ogni settimana, peccato solo che Diego sia SEMPRE impegnato, tra università e lavoro e ancora lavoro. E che i soldi non siano troppi. Ma attendo fiduciosa ogni bella serata. E sabato prossimo sono i Mighty Crown a Shibuya!!! Tanoshimi ni matteimasu!


*Il mio primo Rentaru* - Visto un matsu visti tutti, ma il kotatsu è sempre un’emozione

Ieri c’è stato il mio primo rentaru (per gli europici rental), ovvero siamo andati a casa di una ragazza hikikomori per aiutarla ad uscire dall’hikikomorità. Gli hikikomori, letteralmente potremmo dire i “segregati”, sono persone che non studiano o non lavorano e si chiudono in casa. Sinceramente sono diversi da come me li aspettavo. Come mi spiegava uno di loro, ci sono gradi diversi di hikikomoraggine. Lui, ad esempio, ha la mia stessa età, ha cominciato l’università e ha smesso perché non riusciva bene nello studio. Il suo problema? E’ timido quindi non trova lavoro. In Giappone devi essere molto sicuro di te, il mondo dello studio, come del lavoro, è abbastanza tosto, ma non vi immaginate un timidissimo!! Abbiamo parlato un’ora seduti vicini sulle scale, abbiamo riso, scherzato, quindi davvero non capisco perché sia al centro, per di più vivendo in dormitorio. Alcuni sono visibilmente ritardati, altri sono semplicemente un po’ sfigati, ma nipponesi fighi e particolarmente sfrontati ancora non ne ho visti, sinceramente. C’è quello timido che si veste sempre di rosa ed è molto pulito, c’è quello distratto un po’ svagato, c’è quello azzeccoso che si accolla (porca miseria che palle) e spesso io non distinguo chi lavora qui da chi viene seguito. Comunque sia, ci sono anche casi gravi come quelli di ieri. Una ragazza di 28 anni che ha smesso di andare a scuola alle elementari (non so perché, ma dico io, santi genitori, ha 6 anni!!! Mandatecela con la forza, non ve la mettete a casa!) per “timidezza”. In questo caso c’è asocialità patologica, Ayako non esce di casa, non riesce nemmeno a stare seduta vicino a sconosciuti e parla pochissimo, anzi, di solito scrive, non parla. Ieri siamo andate da lei in tre, io e altre due ragazze dell’associazione. Una bella villetta a due piani con un giardino bellissimo, i pini giapponesi (matsu ), l’erba curata e un gatto bianco. Tipico giardino giapponese, insomma. In salone, con Ayako, ci aspettava lui..il kotatsu! Per chi non lo sapesse, il kotatsu è quel tipico tavolo giapponese da cui cade una coperta e sotto c’è una stufa. In inverno ci si riunisce attorno al kotatsu, seduti sul tappeto termico, a gambe incrociate sotto la coperta. E’ stato fantastico, ve lo giuro. Mi veniva da piangere. Sono le cose che fanno vera Nipponia, le cose da anime! Abbiamo mangiato gyudon probabilmente infetto, visto che a quanto pare in America c’è di nuovo la mucca pazza e qui importano da lì. Poi abbiamo trovato l’escamotage di farmi insegnare da lei i kanji, lei scriveva, io copiavo e le chiedevo “come si chiama questo?” e a poco a poco ho sentito la sua voce. Per farle vedere come scrivevo mi sono seduta accanto a lei e abbiamo lavorato un po’. Poi è come se si fosse resa conto di dove si trovava, si è alzata e si è andata a sedere di fronte a me. Allora io ho tirato fuori tutte le mie battute più cretine, ho iniziato a far ridere tutte, bevevamo tè, mangiavamo salatini e dolci e ridevamo, quindi l’abbiamo fatta risedere accanto a me e questa volta è rimasta. Quando siamo andate via le altre erano stupite perché aveva parlato un sacco. Non saprei descrivere la sensazione che ho provato: soddisfazione, compassione, empatia, comprensione, emozione anche. Incontri qualcuno che per te ha una delle maggiori fortune al mondo e nonostante tutto non ha potuto goderne. Un po’ come se una ragazza africana conoscesse un’anoressica. Ha vissuto trent’anni senza conoscere l’altro, chiusa in se stessa. Una ragazza carina a cui non manca nulla. Ho provato un senso di rabbia, l’ho trovato ingiusto. E se potessi vederla al centro almeno prima di andare via sarei al settimo cielo (stavo scrivendo al settimo sora, viva il code mixing). Per lei è ancora troppo presto per venire a vivere qui, è un’hikikomori estrema, ma se può ridere delle mie cazzate, anche se timidamente, ce la può fare. E’ tutto nella mente. La mente, pensavo, è l’emblema dell’umanità. Il punto di forza maggiore è il più fragile, sostiene tutto ed è semplicissimo che imploda. Ma si rigenera, rinasce e può tutto.


Vi lascio con uno dei miei nuovi pezzi preferiti , “Daremo inai umi”. Questo e roba alpina ascoltiamo al centro con le giovani Yamada-san (92) e Nakamura-san (84). In questo momento Nakamura-san sta colorando dei chulippu (tulipani) rossi, io scrivo le mie cronache e dalla cassetta sta venendo fuori una roba che sembra “Faccetta nera”, la stessa giovialità delicata. Domani sera c’è il big party a.k.a. il nabekai del sabato e domenica c’è il free hug in mensa (sperando che il mio uomo venga per approfittarne, muahuhuahuahuahuauah). Ho già ri-voglia di uscire, che palle. Qui piove di nuovo, quando la smetterà? Voglio il caldo, il caldo torrido! Voglio uscire nuda! Oddio, a Kichijouji non è che sia andata propriamente in burqa. Infatti ho sentito dire “bella, carina, intelligente, simpatica e sexy”, in italiano!!!! L’amico di Diego è un tipaccio (quello che lavora in banca), avendo studiato in America è più sbragato dei coetanei nipponesi, mi fa morire
morire dal ridere. A me, sto posto, piace proprio. Tornare sarà uno strazio.


wataaaaaaaashiiiiiiiiiiiii wa wasureeeeeenaaaaaaiiiiiiiiiiii..

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