mercoledì 10 giugno 2015

Di Salvini e salvati


Parlando di tutto quello che realmente mi succede in questo paese di pura e reale fantasia ero fermamente convinta che avrei parlato a breve della ricerca di un nuovo lavoro, annessi e connessi (cosa che comunque a breve faro`). Ma si sa che la vita ci stupisce e direziona come piu` le pare, quidi cosa volete che vi dica, ecco la mia nota sulla lontananza, la vita e la morte. E su mia nonna che era una donna d`altri tempi, di quelli veri. Di guerre e figli da crescere da soli. Di quelle che fanno quel tiramisu`..

Tra le notizie a cui piu` non so rinunciare dall`Italia sicuramente ci sono gli scandali e i dibattiti politici. Riassumendo gli ultimi periodi, Expo, Mafia Capitale, Immigrazione e Salvini. Tralasciando Expo e Mafia Capitale, che pur essendo due argomenti figli della stessa grande categoria `corruzione e incompetenza` cui spero di non appartenere mai ho lasciato in patria a macerare prima che io possa fare veramente qualcosa, mi urta e necessita le mie parole il concetto di Immigrazione e al di la` di tutto il concetto abominevole di Lega Nord, nello specifico di Salvini.

Da anni deriso per la sua folklorica inettitudine, il movimento della Lega Nord recentemente sopravvisuto ad una miriade di scandali su sprechi di denaro pubblico, tesori e tesoretti cerca nuovo vigore nell`antico quanto abusato rito dell`estirpazione del male: l`Immigrato.

Quello che Salvini non capisce e` che ogni immigrato, per diventare tale, parte emigrante e vive la duplice condizione di immigrato ed emigrante per tutta la vita.

Alessandra immigrata ad esempio parte migrante per scelta e realizza il sogno di vivere in Giappone. Non lo fa utilizzando tutte le proprie competenze acquisite col duro lavoro, ottenendo il massimo dei voti e variegando le proprie esperienze extra-curriculari, laureandosi con un anno d`anticipo ed una tesi di laurea scritta all`Universita` di Amsterdam come ricercatore ospite grazie ad una borsa di studio, no no. Alessandra l`immigrata per poter evitare la clandestinita` che tanto ripugna il giovane Matteo prepara caffe` e pulisce cessi, vendendo macchine Fiat nel frattempo, ma sempre caffe` e cessi che non facevano parte del proprio planning di avviamento professionale all`estero. Ma lo fa per due motivi: principalmente, non gestisce ad un livello adeguato il sistema linguistico del loco e piuttosto che entrare in un`azienda internazionale a fare caffe` e fotocopie in inglese senza integrarsi propriamente preferisce partire dal basso e capire di quale cultura si sia relmente invaghita; in secondo luogo, vuole scommettere su se stessa e visto che gli unici lavori svolti finora sono stati part time nella consulenza o nelle vendite vuole provare a se stessa di poter lavorare faticosamente per 13 ore e gestire ancora una vita sociale e privata.

E ce la fa. Perche` usa la testa e tutto cio` che ha imparato fino a quel momento. Perche` ricorda tutto cio` che i suoi genitori le hanno insegnato e imparando dalla nuova cultura vi inserisce la propria per combatterne le brutture e avere una proficienza maggiore. Lo fa e combatte tutto i giorni contro il conservatorismo, la diffidenza, le difficolta` comunicative a piu` di un livello e gli stenti economici. Fa delle scelte e lo fa per degli obiettivi importanti.

Da immigrata, Alessandra, soffre. Ha 24 anni.

Trascorsi 3 anni di tribolazioni eppure di successi, Alessandra e` soddisfatta. Spesso le dicono che e` piu` giapponese di alcuni giapponesi, riesce perfettamente a comunicare ed ha una discreta cerchia di conoscenze, sia private che professionali. Annovera tra le sue delicate esperienze il lavoro per piu` di 30 ore consecutive senza dormire ne` mangiare e si ritrova ad aver lavorato per 13 mesi nel primo anno (provare per credere). Ma e` soddisfatta. Ha una posizione rispettabile nel marketing, un bell`appartamento in affitto, il suo parucchiere, il suo supermercato, il suo prossimo tatuatore ed un ex-fidanzato. Ha un curriculum di tutto rispetto e un paio di interviste da expat per la Rai. Alessandra e` nel momento giusto per fare il prossimo passo. Trovare il lavoro giusto in cui non venire vessata, sfruttata e sottopagata ma dimostrare chi sia ora che e` in pari con gli altri, anzi, con qualcosina in piu`. Che 4 sistemi linguistici fluentemente parlati e 2 da riprendere ma di cui ci sono le basi non si buttano via.

Alessandra ha 27 anni e sta cercando un nuovo lavoro. Le offerte arrivano e alcune sono veramente succulente. Alessandra lascia il lavoro e si gode un mese di vacanze pagate. Si dedica allo sport per perdere l`ingiusto peso accumulato e nel frattempo si dedica ai colloqui, allo studio ed alla cura della casa. Ha una scadenza ed intende mantenerla per non pesare sulla sua famiglia.

Ma nonna muore. E Alessandra non puo` andare a trovarla. Non puo` partecipare al funerale. Non ha potuto vederla un`ultima volta. Non puo` stare vicino al padre e la famiglia tutta che ama piu` di se stessa. Non puo` niente, e` sola, nessuno la supporta. Se anche dicessimo `amici`, nessuno ha una carezza da posare sulla sua testa. Alessandra piange e si sente inutile e impotente. Ma non puo` fare altro che resistere perche` DEVE portare a termine la sua missione, deve realizzare cio` che si era prefissa per dare un senso a questa lontananza e questo dolore. Anche se venissi...le dicono. E hanno ragione. Alessandra si sente inutile.

A 27 anni, Alessandra diventa un`emigrata. Alessandra soffre.

Quello che Salvini non sa e` che l`immigrazione e` l`altra faccia dell`emigrazione. Non vai solo in un territorio che non ti appartiene, ne lasci uno tuo dove vivono persone che ami. E molte volte sai che ti perderai il meglio delle loro vite.

Alessandra e` fortunata ad essere partita su un aereo con i biscotti in valigia, non su un gommone con la sola acqua di mare. Era maggiorenne e felice, non un neonato, non una donna incinta spaventata. Eppure, fa male.

La vita felice dell`immigrato ha sempre un retrogusto amaro, non c`e` bisogno che tu gli faccia ingoiare fiele solo perche` e` andato via da casa sua per venire nella tua.

Soprattutto quando va a coltivarti gli ortaggi in Sicilia e i datori di lavoro le violentano o ne violentano le mogli con la coercizione del ricatto `ti tolgo il lavoro, ti tolgo la speranza`. Soprattutto quando rinunciano a fare gli architetti e gli avvocati, cosa per cui hanno studiato senza comprare lauree in Albania, e si mettono a lavare i vetri ai semafori o aprono un minimarket di frutta e verdura aperto anche di notte, i piu` fortunati.

Solo chi non sa cosa sono il lavoro e la fatica, che pure non sono la stessa cosa, puo` parlare come te, immondizia con la felpa.

Percio` si` siamo lontani e perdiamo chi amiamo e mentre siamo salvi, noi, e felici di quello che abbiamo, meriteremmo un po` di rispetto per aver provato, per non aver scelto la malvivenza o, nel mio caso, la poltrona di mamma e papa`. Che comunque, nel mio caso, da genitori seri non mi avrebbero mai permesso di occupare troppo a lungo.

Perche` a casa mia il lavoro e` ancora un valore.

Grazie Nonna. Di aver accudito mio padre come un uomo bambino e di essere stata il mio punto di riferimento. Quando ti ho visto l`ultima volta sono scoppiata a piangere e tu mi hai stretto la testa al petto e ti sei commossa. Ma poi hai subito sdrammatizzato, perche` SEI una donna forte.

Chi non conosce l`amore non lo sa quanto bisogna amare per lasciare andar via e aspettare. Tu lo sapevi. E noi pure.

Ti voglio bene, anche da qui. Sempre vicine. Ora ti potrai mettere quel vestito rosso che dicevi di avere quando ti prendevo in giro e potremo andare a ballare, magari in sogno o quando il ricordo ci avvicina il cuore.


Buonanotte nonna. Grazie di avermi dato papa`.  

E un po` anche me.

sabato 31 gennaio 2015

Buon 5esimo anno di Nipponia a me














31/1/2015
Come scorre..


Esattamente 5 anni fa avevo le valigie pronte e il cuore in gola. Un`amica impazzita quanto me e nessuna idea di cosa sarebbe successo. Sapevamo solo che dovevamo muoverci ed andare dove sentivamo di dover essere. Sentivamo solo che era giusto così. 



La cosa che mi sconvolge più di tutte a guardare queste foto è che ho ancora le stesse mutande panda, lo stesso orologio e la stessa collana. Il che la dice lunga sull'immenso processo di arrichimento di questi cinque anni. Mi rendo conto solo ora che i cinque sono passati e non me ne ero accorta. 

Proprio oggi ho risposto ad una ragazza mai vista che mi chiedeva consigli su cosa fare dopo la laurea in giapponese e come muoversi, anche se sta al primo anno. A me che ancora non ho deciso cosa fare mentre lo sto facendo. Fatemi condividere il mio pensiero che a dirla tutta ha colpito anche me che l'ho concepito. 

"Per quanto riguarda i miei consigli, lascia che siano spassionati..mi dicono spesso che sono troppo diretta, forse brutale, ma prendili per quello che vogliono essere, una vera e franca indicazione secondo il mio punto di vista.

Tu sei ancora piccolina ed hai appena iniziato, quindi e` normale che sia emozionata, ma il Giappone non e` come sembra. Una mia amica diceva sempre che il Giappone sarebbe perfetto se non ci fossero i giapponesi. Io li amo molto e senza non ci vivrei, ma certe volte mi fanno incazzare come nessuno mai. Come gli italiani, alla fine.

Venire in Giappone e` semplice, restare piu` complesso. Avere il visto e` complesso e vivere tra di loro un`impresa. A meno che tu non sia come loro. Superficiale e pronta a stare con chiunque senza legami profondi. Non che non ci siano, ma sono rari. Per me che odio tutte le cose fluffose, inconsistenti e profonde come una pozzanghera e` realmente complicato. Ma vedo intorno a me masse di gente che sta sempre fuori perche` vuole solo compagnia, piu` quantita` che qualita`. Sono scelte.

L`universita` poi e` una scelta particolare. Io non mi pento, ma di certo non ho proseguito con il percorso della linguistica. In Giappone non ottieni certo un visto come `studioso`, quindi la maggior parte di noi finisce a lavorare in grandi marchi, agenzie o insegnare italiano o inglese. In questo senso ti consiglio assolutamente di prendere il Ditals,

Poi, se puoi, di venire a studiare qui dopo la triennale. La specialistica non ti serve a niente perche` molto probabilmente arriverai qui senza spiccicare una parola come successe a me. Il giapponese studiato e parlato sono due cose diverse. Quindi, se posso consigliarti, fai un viaggio studio appena puoi, e meglio ancora fai la specialistica qui. Per parlare giapponese devi vivere in Giappone e conoscere la cultura VERA, quella fatta di discriminazione e lentezze bestiali.

Percio` ho creato la mia pagina, perche` tutti vedessero cosa sia davvero Tokyo e la amassero comunque.

E soprattutto, visto che sei all`inizio, anche nell`ambito degli studi di yamatologia ci sono due gruppi, gli appassionati e i giappominchia. Il giappominchia medio non conosce davvero il Paese anche se ti puo` dare una miriade di informazioni precisissime, lo vive come un manga e non lo accetta per quello che e`. E` superficiale, ridicolo e falsamente popolare. Di solito in Giappone non dura molto perche` puo` essere un vero giappominchia solo il Italia.

Qui la vita e` dura e per i giappomichia non c`e` storia. Te lo dico perche` notavo quel pericolosissimo doppo tratttino v-volevo s-se...non hai bisogno di simulare imbarazzo come se scrivessi in un baloon, te lo dico di cuore perche` la vita qui e` veramente seria e se vedo un altro giappominchia in vacanza esplodo. Percio` scegli bene il lato della forza e diventa un`appassionata con coraggio, forza!

Indi, i miei consigli. Finisci al piu` presto la triennale, anche perche` nessuno guardera` al tuo voto poi. Prendi il ditals e qualche livello del noryouku shiken non fa male, anche se io non l`ho mai preso, ma sicuramente abilitazioni di inglese aiutano moltissimo.

Poi vieni qui il prima possibile e confrontati con la lingua e la cultura. Ti servira` per capire se davvero ami questo paese o no.

E se invece vuoi vivere in Italia, dirigiti verso un indirizzo politico-economico (come a Pavia ad esempio) per la specialistica, perche` alla fine lingua e cultura sono delle skills, per spenderle nel mondo le devi applicare. Scegli una strada e buttatici contro. E se si rivela sbagliata, respira e prendine un`altra, che` non ci sono risposte definitive.

Spero che prenderai di cuore cio` che ti ho detto di cuore. E che tu ti diverta oltre a studiare, io avrei forse dovuto rilassarmi un po` di piu`, invece ho avuto una fretta infinita per finire a lavorare nel marketing per un`ebrea, di genetica e di fatto."

Onestamente, sono più figa di quanto pensassi. Tutto potevo aspettarmi da me stessa, ma non questa fine, logica e brutale analisi di Nipponia e di me. Sapessi poi scrivere anche in questo blog allo stesso modo sarei ricca. 

Sta di fatto che 5 anni fa ero innamorata e non pensavo minimamente di venire a vivere a Tokyo, né sapevo dell'esistenza di quel fine micromondo che è Nipponia. Ero emozionata, laureata triennale di fresco, incapace di parlare giapponese al punto tale che mi sono chiesta come sia sopravvissuta un mese intero e quando ho messo piede a Narita mi è successa la cosa più inaspettata. Non ho pianto. 

Non ho pianto, né mi sono stupita, emozionata, devastata d'angoscia e magia al contempo, ma stavo lì nervosa a cercare di far funzionare il cellulare. Ero a mio agio, ero semplicemente in un Paese di cui non capivo buona parte delle indicazioni. Ma non eravamo stranite, non eravamo perse né fuori di noi. E' stata la prima volta di una strana sensazione di calma che mi diceva solo "bentornata". Dal primo passo a Nipponia, senza nemmeno saperlo, mi sono sentita in pace con me stessa, mi sono sentita a casa. 

Tutte le sensazionali cretinate viste nel mese seguente, certo, mi hanno divertito, sorpreso, sconvolto ed hanno alimentato il mio migliore umorismo spicciolo per anni, ma io, a Tokyo, non mi sono sentita mai lontana. Avevo un amore che mi chiamava (nel vero senso della parola, ogni notte, su skype, mai una serata tranquilla, mai un'uscita, mai le giuste ore di sonno), ma ogni giorno di Shibuya (dove studiavo) era la pura normalità. Non c'è suo vicolo ancora ora che non mi ricordi un nido. 

Da quella volta di cinque anni fa non ho desiderato che tornare. Non ho desiderato che rimettere il culo su un sedile d'aereo angusto e con pessimo cibo per tornare dove sentivo di avere diritto d'essere e ho corso in tutto ciò che ho fatto con la sola idea di rimettere piede a Narita. Ma non pensavo di viverci. Non pensavo di costruirci un mondo. Pensavo solo che mi sentivo in crisi d'astinenza. 

Ma quando sono tornata, ad Aprile di tre anni or'sono, non è stata Tokyo ad accogliermi. 

Ad Aprile 2012 mi si sono spalancate le porte di Nipponia. Non era il portellone di un aereo, erano degli immensi fusuma. 

Chiba, la New Start, gli hikikomori, il piccolo regno di Aoyama Itchome, l'Edo e lo Skytree, i parchi di notte, la sabbia, i treni, il Kasai Rinkai Koen, i free hug, Asakusa e il Sanja matsuri, gli yukata, i gyoza, quanti quanti gyoza, e te, che mi hai cambiato la vita. 

Il principe di Nipponia aveva messo gli occhi su di me e se ne era innamorato. Per la prima volta, senza volerlo, si era innamorato e mi attraeva a sé come nessuno aveva mai potuto. Abbiamo litigato per desiderio, bevuto senza senso, riso in parchi di notte tra erba e miti greci, guardato un fiume scorrere sopra e dentro Nipponia tutta e un giorno ho promesso che sarei tornata. Non sapevo come e quando ma Nipponia mi aveva scelto e lui mi aveva trovato. 

Quindi quando per caso sono entrata in quel Caffé e quelle due donne mi hanno detto "perché non vieni a lavorare qui?" cambiandomi la vita io non ho avuto nessun dubbio nell'accettare la sfida che Nipponia mi proponeva e ancora non ho vinto. Ho seguito il destino che il ricordo di una vita passata mi proponeva violento e sono finita qui legata a due amori voraci. 

Il mio principe ha lasciato la favola aperta e le due donne sono la mia vera quotidianità. 

Ma Nipponia mi culla ogni giorno. Con le sue folli frenesie, le sue inconsistenze, le sue ridicolaggini. Nipponia mi ha chiesto di viverla in silenzio perché non ero io ad aspettare di tornare a lei, ma lei che ha bisogno di me. Ha bisogno di qualcuno che la ami con tutta l'anima come sento di fare e che la smascheri un passo dopo l'altro con amore turbato e incrollabile. Fino ad un nuovo Meiji Isshin che riveli la gloria di ampi kimono e yuugen (幽玄) di questo Paese. 

Nipponia è incrollabile ma per un nuovo Giappone c'è ancora tempo. Datemi n'altra quindicina d'anni. 









lunedì 12 gennaio 2015

Oltre Nipponia

Ultimamente sono completamente innamorata dell`Oltre Uomo. Al di là dell'indistricabile mistero "com'è possibile che due note su tre presentino errori di battitura?" sono talmente avvolta dal fascino della rubrica da non potermi esimere dal dovere dell'Oltre Nipponia, a.k.a. come copiare un sito di successo per puro edonismo emulativo.

https://www.facebook.com/pages/Oltreuomo-Magazine/223114741203655?fref=ts



°La prima° 

ovvero 

°Le cinque cose che davvero non sai del popolo di Nipponia°

1. Nei treni è severamente sconsigliato parlare al cellulare e fare confusione. Non è consentito parlare a voce alta né occupare eccessivo spazio con le proprie borse.Fino alle dieci di sera, quando si scatena l'inferno dei salary man intenti a riprodurre sacche per il vomito col solo uso delle mani, signore di mezza età devastate da un paio di birre in preda ad attacchi di ridancianità e vecchietti il cui tasso alcolico supera la soglia di bevibilità del loro pannolone. Si noteranno a Nipponia scene di quotidiana serenità quali giovani in giacca e cravatta riversi lungo le banchine o delicatamente cappottati sulle scale. Alcuni giovani sguazzano in pozze di vomito prontamente ricoperte di segatura da ufficiali del servizio ferroviario con l'abilità di soccorso di pigroman, i quali continueranno a scuotere delicatamente chiedendo "daijoubu (tutto bene)" ai suddetti giovani in evidente coma alcolico, con gli occhi riversi al cielo.

2. Nipponia è un Paese d'ordine e controllo, come tutti i paesi di fantasia, per cui sarà sempre necessario mettersi in fila e rispettare i turni. Tranne per: bambini notevolmente spaesati dal gorgo di disordine creato dal sovrannumero di innecessarie regolamentazioni quanto di personale completamente incapace di rispettarlo, popolazione delle periferie perfettamente abituate a risolvere le cose "come si fa dalle loro parti", vecchi che hanno rispettato le file per tutta la vita emobastaveramente e inevitabilmente gaijin ovvero stranieri perfettamente consci di ogni regolamentazione nella più sottile sfumatura diatopica ma altrettanto grati alla loro schermante natura di gaijin per cui "shiranakatta" a.k.a. Ooops, non lo sapevo. Si annoverino anche tutti quelli che vanno di fretta e a Nipponia la fretta regolamenta ogni più sinistro cavillo dell'ordine pubblico secondo l'antica regola di memoria Brignanesca "c'ho da fa, c'ho da spiccià".

3. Nipponia è Paese di indottrinamento, per cui a scuola ci si mette in uniforme, non si fuma nemmeno in orario extradidattico, non si beve fino ai venti anni, ci si alza in piedi per il saluto e il capoclasse svolge una serie di ruoli tra cui raccogliere, compilare e portare documenti di classe al docente responsabile. Tutto ciò per garantire l'ordine e la precisione di cui sopra, nonché le determinanti norme e strutture sociali preservate fin dai bachi di scuola con un livello elevatissimo di bullismo, suicidi ed hikikomori (giovani che si ritirano in casa rifiutando interazioni sociali). In perfetta linea con la Nipponia adulta.

4. I Nipponesi sono noti per la loro dolcezza, la loro amorevole preservazione di forme rituali di saluto e cordialità, costantemente impegnati in sumimasen, de gozaimasu e qualsiasi evoluzione cortese sia concessa grammaticalmente e non a qualsivoglia copula, così da continuare gioviali e reiterati nella pratica dell'oseji, ovvero quella sottile ipocrisia che permetterà loro di farvi a pezzi non appena abbiate girato l'angolo o ancora prima, nelle loro docili menti da homo pechinensis. Quando vi dicevano che dovete asssssolutamente andare insieme a fare qualsiasi cosa in qualsivoglia posto, all'80% non andrete mai. A meno che non steste parlando con gaijin hunters.

5. I Nipponesi sono diffidenti per quanto riguarda gli stranieri, non accettano di farli entrare facilmente nelle loro case, anime e intimità. Ma se si tratta di invitare chiunque non sia in possesso di cromosoma N al solo scopo di postare una decina di foto o vantarsene con gli amici, ben venga una cena, un tè, un giro in una città vicina, non importa quanto tempo passerete insieme e quanto riuscirete a parlare di niente per il maggior numero di ore, l'unica cosa che conta è che potranno metterlo nel loro potenziale pacchetto di smerciamento gaijinibility. Essere gaijin friendly è un must nella Nipponia che conta, l'unica cosa che non conta niente è chi tu sia e cosa pensi perché l'unica domanda di rilievo sarà "lo mangi il natto? E il sashimi?". Perché dice che c'abbiamo il naso alto.

sabato 8 novembre 2014

Le cronache di Haaaaroooooouiiiiiin

Halloween nel mondo e` la travisata ex-festa celtica di ricongiungimento col mondo dei morti in occasione della celebrazzzzzzzzzzzzzzzzz.

Lo sappiamo.

Ma a Nipponia, ove tutto cio` che di demenzializzabile regna, l`upgrade e` devastante. 


 

 Il presupposto fondamentale alla mia fine disquisizione e` il seguente:

E` ingiusto inzuccare tutto da meta` ottobre. E` insano, irreale e stucchevole. Ma poi perche`? Kabocha (zucca), kabocha ovunque, e i nipponesi non sanno nemmeno perche`!!! Anche i piu` sani!!!

Perche` per Halloween diventa tutto al sapore di zucca?

Non lo so!

E certo, perche` poi il giorno di Halloween non si trova una zucca intagliata nemmeno a pagarla in free ticket per due giorni da Obika, ma sgualdrine si`, carnevalate e sgualdrine quante ne vuoi.

Kabocha-latte da Starbucks, kabocha pocky-mochi-daifuku qualsiasi cosa nei konbini, pasta alla zucca come se non ci fosse un domani, kabocha pan nelle panetterie, kabocha tarto nelle pasticcerie. E che palle. Da Ottobre!

Poi, pero`, fortunatamente, il 31 ottobre arriva. Sfortunatamente quest`anno in Giappone dal 1 al 3 e`stato ponte lungo, quindi si`, abbiamo avuto 4 giorni di Halloween.

Ovviamente, i festeggiamenti iniziano sporadici gia` da meta` novembre, con varie festicciuole sparse nei weekend disponibili, ma il 31, a Shibuya, e` stato Sparta - Atene zero a zero. Lotta senza pari alla demenza.

Dalle 18 circa, la circolazione pedonale e` stata seriamente minata dal fiorire di Mario e Minnie e infermiere porno-soft e diavolette hardcore e Lilo e Stich e Rilakkuma e qualsiasi tipo di soffice personaggio dei cartoni pornizzabile.

Il delirio. Il Donki di Shibuya e` stato devastato, mentre gli unici segni di Halloween si sono riscontrati nei volti trasfigurati dall`orrore dei commessi tra un costume da cup ramen e uno da sexy scarafaggio.

                        

E poi il party di Halloween. Quello e` veramente il coronamento del trash. Se sei uomo e muscolato, il petto nudo oliato sotto un mezzo telo da imperatore greco-romano e` d`obbligo. O puoi rimediare il premio simpatia con un costume completamente inadeguato e fondamentalmente ridicolo.

Primo premio a pari merito a quei due travestiti rispettivamente da bara e da stele funeraria buddista con tanto di scritta Namu Amida Butsu. Tanta stima. 



  




Non illudiamoci, la festa di Halloween non la capisce nessuno. In Italia a parte lo pseudo-intellettual-chic che snocciola la roba celtica con la sublimazione delle paure attraverso la loro personificazione e bla e bla e blabblabbbla sentiamo Halloween con la stessa forza emotiva del 15 d`agosto. Un giorno come un altro per fare festa. 

In particolare, la versione horror del carnevale e` un fortissimo momento di selezione naturale tra la bagascianita` freddolosa e quella resistente alle avversita`.

Ma le giapponesi, signori mie, hanno una resistenza al freddo che non immaginate. Nude, completamente, il 1 novembre.

Direttamente proporzionale alla loro inadeguatezza, oserei dire.

Comunque, dal 4 novembre, lo Sky Tree e` rosso e bianco o verde con i pallini colorati, nei konbini si puo` prenotare la classica torta di Natale PANNA E FRAGOLE e i primi frutti di stagione, le fragole per l`appunto, si possono acquistare a prezzi accettabili per qualsiasi mercante giudaico.

Anche io sono stata invitata ad una festa di Natale quest`anno. Sabato 20 Dicembre.

It`s Christmas!!!

martedì 4 novembre 2014

Le cronache offline – almeno fino al 27

2014.10.19 


Il 27 ci portano, dopo una lunga ed estenuante contrattazione, internet a casa illimitato e la svolta epocale modifichera` per sempre le nostre esistenze (la mia e la vostra, senza scampo!). 

Festeggiamo con questa nota l`arrivo del visto (ormai risalente ad una settimana fa, ma comunque) e dunque l`inizio del terzo anno di Nipponia. Che questo sia quello decisivo.

Il contratto di cui prima si firmo` e le condizioni di legalita` si posero, quindi piu` tempo libero forzatamente e malvistamente preso significa momenti vuoti! L`ineffabile sensazione del tempo morto!!!! E mi sono spiegata tante cose.

I giapponesi scalano, esplorano, sommergono, snowbordano, onsennano, fanno 200 km per andare a mangiare in quel ristorante della tv, giocano a calcio, a softball, a handball, a golf, madonna quanto golf, vanno a eventi di ogni tipo, vernissage, entourage, menage, garage, non si danno pace, cinema, teatro, concerti, non ci deve essere un`ora di buco!

Io, nella mia bradipica condizione d`italiana, dopo aver lavorato venti ore al giorno per una settimana intera, il sabato e la domenica assumevo la mia posizione fetale da combattimento e attendevo lo scorrere delle ore diurne per rivedere l`aria tiepida della notte e andare a fare la spesa.

Ora che cerco di limitare il mio operato alle dieci ore al giorno e che la dieta mi impedisce di fare della cenetta fuori l`evento di massimo gaudio, li capisco!! Se dormi almeno sei ore la sera, il weekend e` un momento di disturbo eterno in mancanza di attivita`!!! Devi uscire, o l`asfissia della monotonia relazionale nipponese puo` seriamente ucciderti!!!!

Il punto e`...con chi?

Mi sono dunque finalmente guardata dentro nello specchio delle mie conoscenze e mi sono resa conto di conoscere una moltitudine di persone e non avere amici. Amici all`italiana. Quelli che li chiami il giorno stesso e gli dici `oh ma stasera che fai?`. Perche` qui non esiste, lo `stasera che fai`. L`appuntamento e` stabilito mesi prima o con un minimo preavviso di due-tre giorni. Confermato per tempo e schedulato per bene, con tanto di mappa del luogo d`incontro. Prenotato, il locale, mi sembra ovvio.

E soprattutto, non si telefonano. Nemmeno gli italiani. Per la qui presente campionessa nazionale di pratiche di vita quotidiana a cornetta agonistica, ricordando il record di otto ore consecutive a telefono con una ancora acerba Silvietta, e` una tragedia. La semplicita` dell`attimo, la velocita` del vieni a casa, IL CAFFE`!!!!! E che sono a fare italiana con tanto di macchinetta se nessuno si viene a prendere un caffe` a casa????

In questo, mi dispiace, ma l`Italia e` davvero maestra. Maestra delle relazioni semplici, maestra del racconto, della convivialita` (che poi sfocia in tradimento e asfissia, molto spesso, ma comunque..), dell`attimo..ma come si puo` rinunciare all`attimo, all`incontro, a quell`istante di improvvisazione che rende la vita quello che e`?

Lo ammetto, questo un po` mi abbatte. Un po` perche` sono un po` scegliarella e non mi piace stare con chiunque pur di uscire, non mi e` mai piaciuto e preferiro` sempre starmene a casa con un bel film che andare ad un evento o ad una cena o qualsiasi cosa pur di non stare sola. Perche` chi non e` solo con se stesso ha il mondo in mano. Un po` perche` sono vagamente pigra e tendo a restamene piacevolmente da sola piuttosto che andare a sbattere di muso contro conversazioni predeterminate e ricercate al fine di chiudere palesemente la porta in faccia alla propria solitudine. Solitudine da metropoli preordinate.

Con questo non voglio dire che sono sola. E anzi, la poca apertura e la superficialita` diffusa delle relazioni mi permette di stimare ancora di piu` quelli che evidentemente ti hanno a cuore e sono veri amici. Quelli che ti chiedono `mi testi questo prodotto per lunedi`?` e che ti riscrivono il curriculum in giapponese in un pomeriggio. Quella, in realta`, che e` una delle mie migliori amiche in Giappone. E non per niente e` cresciuta in America.

Pero` quando pubblico un qualsiasi elemento sul mio facebook nipponese mi stupisco sempre di una cosa. Sui venti mi piace di base che scattano sempre, 15 di questi sono di persone che di me non sanno veramente niente. Mi hanno conosciuto in ambito lavorativo, non sanno nemmeno quale sia il mio background e un po` mi trattano piu` come una figura o un personaggio che come una persona. Insomma, sono una figurina.

Ed e` per gli altri cinque che vado avanti, sempre.

Il mio consiglio: sto usando Tinder, a periodi. Non e` una chat di incontri, ma state attenti, soprattutto le signorine, perche` molti lo intendono cosi`. Tant`e` che le ragazze nei profili scrivono spesso `no hookups` e vi consiglio di scrivere qualcosa del genere. A meno che non li cerchiate. Ci sono molti stranieri quindi si puo` fare amicizia e conoscere gente interessante, che poi ti presenta qualcuno di interessante e magari alla fine qualche amico lo trovi.

L`importante e` muoversi e uscire di casa, perche` fin li` non ti ci verra` mai a trovare nessuno, italiani compresi.

Ma d`altronde e` nelle avversita`, il fiore, ecc.

E` domenica e devo assolutamente uscire. Mi sa che vado a fare la spesa.

Le cronache offline - cronache d`autocensura

22.8.2014

Dicono tutti che vivere in Giappone e` facile o difficile. Nessuno dice mai perche`. A me hanno chiesto (e chiedono tuttora) sempre “ma riesci a mangiare le cose loro?”. Come se i giapponesi fossero una tribu` twarkika dell`Africa centrale e mangiassero solo cosce di stercorario al gratin. 

Due anni fa, o su di li`, ho preso il fagotto di piu` di 20 kg con i migliori auguri di Aeroflot e mi sono imbarcata. Ho visto la Russia, ho visto il freddo, ho visto la New Start, ho visto Aprile e ho visto Kazu. Ho scritto fin troppe cronache alla New Start da pensare di averle scritte solo li` e aver vissuto troppo poco per avere l`impellenza di rinunciare a due ore di sonno per scrivere di piu` in seguito. Uno dei miei propositi per il mio terzo anno e` quello di scrivere di piu` e con piu`utilita`, non me ne voglia Marco Togni.

Poi, ho visto tante cose. Chiamiamole cosi`.

Quando quel giorno lei mi disse vieni al xxxx Caffe` non avevo la minima idea del vortice che si fosse innescato. Non pensavo avrei cosi` appassionatamente amato un locale e un brand, non pensavo avrei mai tanto bramosamente desiderato una Giulietta sportiva con gli interni in pelle e non credevo ben due inshokugaisha si sarebbero alternate nella conduzione del locale mentre io sarei rimasta. Ho amato il xxxx Caffe` piu` del possibile per due lunghi anni e non riesco ancora a disinnamorarmene. Mi ha visto piangere, amare, fumare, bere, lavorare per 30 ore di fila, ci ho mangiato (piu` e piu` e piu` volte e con una molteplicita` di cuochi diversi), dormito su due stili di arredamento diversi e ho pulito dal pavimento alle pareti al piu` piccolo degli anfratti con tutto l`amore e la riconoscenza che avevo.

Ho lavorato al xxxx Caffe` per otto lunghi mesi. Ho scoperto quanto un giapponese medio possa amare l`Italia senza conoscerla davvero con un misto di tenerezza e desiderio senza pari. Forse come io amavo il Giappone da quattordicenne scema, senza sapere nemmeno cosa fosse lo Shikoku. Ho iniziato a toccare con mano la piu`pura e ingannevole sensazione di oseji e imparato a disprezzarla in ogni piu` subdola sfumatura. Ho desiderato fuggire da tutto cio` che avevo intorno, tranne che da quelle mure bianche immacolate e un po` decrepite, come fossero stanche di tante grida sommesse e tanti sporchi sussurrii.

E poi, un giorno, il mio datore di lavoro si rivela per quello che e` ed io da responsabile dell`Antenna Shop hop, un salto, e mi ritrovo ad essere responsabile, del xxxx Caffe`. Si apre il regno del marketing, degli eventi, delle personalita` e degli item. E non c`e` piu` niente che sia uguale a prima, tranne il Giappone e l`ipocrisia giudaica.

Due anni cosi` lunghi da non sembrare affatto trascorsi. Quest`estate, sono tornata a casa.

Mi ha colpito l`aria, perche` profumava di aria. Mi ha colpito il tipo al controllo dei passaporti, perche` dopo averlo guardato di sfuggita mi ha sorriso e mi ha detto “che c`e`? hai una faccia..” ed alla mia risposta “eh, dopo 12 ore di viaggio, 4 di scalo e altre 6..” ha ribattuto “e pensa se era il contrario, 4 di viaggio e 12 di scalo..”. Ho pensato aaaahhhhh, l`Italia. E sono stata felice.

Poi mi ha colpito quanto mi rendesse nervosa perdere le coincidenze e spendere 10 euro in piu` perche` se lo schermo indicava che il ritiro bagagli sarebbe stato dalle 13.30 alle 13.40 e` iniziato alle 13.46. E anche li`, meno felice, ho pensato aaaahhhhhh, l`Italia!

E mi ha colpito il tassista che vedendomi con i valigioni mi ha chiesto 70 euro per Fiumicino – Termini, quando io, anche di notte, ho speso spesso non piu` di 35 euro. Tutta pura Italianita`.

Ma tornare significa tornarsi e le montagne, a mia insaputa, erano ancora tutte verdi, gialle e blu. Potete non crederci, ma le mie montagne sono anche blu. O forse lo sono nei miei occhi innamorati, nel riflesso giallo del grano, nel profumo del paese sempre fermo, sempre uguale. Cosa che sia non so spiegarlo, ma sono di un blu piangente da sembrare solo liquida meraviglia.

Ho capito di essere stata in Giappone gia` nel treno, quando una ragazza di Policoro, con gli stivali rigorosamente sul sedile, ha rigorosamente desiderato informare tutto l`intercity Roma-Potenza delle sue avventure londinesi e dei Levi`s da capogiro che aveva comprato e di come avesse baciato il suo proprietario di casa ma non perche` le piacesse, ma perche` era ubriaca e alla fine era soltanto il custode e chissa` cos`altro.

E ora mentre scrivo un falco ondeggia su mio padre che scuote la terra con un rastrello. Un falco un po` piu` piccolo e maestoso di quelli di Kamakura.

Pensavo che avrei sfrenato tutte le mie inibite inibizioni, bevuto piu` Aperol di quanto potessi desiderare e passato le nottate ad intonare canti (ma perche`?), invece il piu` delle volte ho dormito, morta alle 23. E non sono uscita per le strade del paese festosa a salutare questo e quell`altro, ma ho soppesato ogni abbraccio. Le lacrime delle mie nonne, le risate dei miei cugini piu` piccoli. I visi felici per i regalini ma ancora piu`strette le braccia intorno a me per giocare. E sentirmi chiamare con cosi` tanto amore da vocine sottili che mi chiamavano come si deve, “Alessandra!”. E a Simone abbuoniamo il piu` dolce degli “Aeee”.

Non sono andata in giro per il paese a salutare, anche perche` ho sentito, forse per soggezione, fin troppi sguardi indagatori senza alcun pudore, fin quasi negli occhi a dirmi “tu chi sei? Perche` sei qui? Che vuoi? Come ti vesti?”. Come prima, in realta`. E ho iniziato ad evitare gli sguardi guardando fisso davanti a me e forse piu` di qualcuno che volevo realmente salutare in festa non l`ho nemmeno notato.

Ma chi ha voluto, e` venuto alle mie spalle a “tozzolarmi” per salutarmi, senza alcuna paesana e pseudo-nobiliare attesa. Con semplicita`, solo un “ciao, come stai, ti trovo bene...grazie per quella volta!”. Si`, e` questo che porto indietro. Ci entra, in valigia. E in quella a mano infilo gli abbracci caldi di chi non e` uscito con me fino al giorno prima di partire, ma e` cresciuto in quella piazzetta o davanti alla caffetteria con me, ha condiviso qualche notte di risate ciuote e stima e affetto di quelli semplici, solo perche` di fronte hai una persona buona. Abbracci di chi non si aspettava di vedermi perche` non l`avevo chiamato, ma che mi ha stretto le mani con gli occhi felici. Quello che conta.

Soprattutto, l`amore che non mi aspettavo. Quello di chi e` venuto da me. Dall`Irlanda, da Chiaromonte, da Napoli. Quello di chi ha litigato con le proprie, di amicizie, di chi ha superato tabu` e di chi ha smontato una tenda ed affrontato due viaggi per passare un`ora con me e farmi accarezzare un pancione e un pancino. A queste tre persone piu` di tutte un amore riconoscente piu` dell`acqua fresca.

Ho bisogno adesso di pensare a questo prima di tornare. Per aver la forza di ricordarmi chi ho ricordato di essere.

Perche` vivere in Giappone non e` facile. Soprattutto se hai a che fare con gli stranieri.

Non importa quanto io abbia lavorato notte e giorno, non importa quale straordinario o compito di supporto emotivo non contemplabili da alcun contratto io mi sia accollata, non importa quanto io abbia amato fino all`esasperazione amara tutto cio` che ho fatto, passando i pochi giorni di riposo a dormire e vedere film o ad inseguire un amore acerbo e inarrestabile, come non importa che al 15 d`agosto, in vacanza e festivo in Italia quanto in Giappone, io abbia consegnato piu`di 50 pagine di after report, o che abbia continuato a lavorare e coordinare il necessario per non trovarmi incasinata al ritorno, quando qualcuno e` sporco dentro, cerchera` sempre di mettertela a quel posto. Deve essere la datoredilavorite o qualche infezione del genere, non ci sono spiegazioni.

Ma se li` mi sarei disperata nel panico, l`Italia mi ha ricordato una cosa fondamentale. Se in un`altra vita Yamato mi ha dato natali che mi hanno di forza riportata in una casa mai dimenticata, in questa vita io sono italiana. Sono nata italiana e peggio ancora sono cresciuta Rosa e pignolese. E se c`e` una cosa che mi premurero` sempre di insegnare al prossimo e` che non si ruba a casa dei ladri.

Percio`, il contratto che mi e` stato garantito e promesso si firmera`, questo e` certo. E le condizioni aggiuntive venute fuori dal nulla a danneggiarmi all`accenno di un tentativo di illegalita` da me negato, quelle si discuteranno a lungo, con tutti gli organi competenti necessari.

Perche` non e` vero che in Giappone non ci siano leggi che non tutelino i lavoratori, ne` sindacati, ne` 8 ore lavorative con straordinari pagati e quant`altro, solo non ci sono giapponesi che vi si appellino. Perche` la loro ignavia emotiva non gli ha insegnato il nobile concetto del diritto del lavoratore e quello ancora piu` nobile della sua dignita`. Se in Italia la crisi lo sta cancellando, forse sarebbe ora di divulgarlo anche in Sol Levante, dove pare non sia ancora arrivato.

Perche` non mi stanchero` mai di dirlo: il fine ultimo del vivere e` la felicita`.









domenica 25 maggio 2014

Le cronache dell`inadempienza

Alla fine succede sempre cosi`. Ti guardi intorno, vedi solo polvere e macerie, chiudi gli occhi come se servisse a dimenticare e poi parte il sottofondo...

...tanananaaaaaaa tananananaaaaa tananananaaaaaaaaaaa deeee aiiiiiissssssss oofffffff taigheeeeeeeeerrrrrr......

Ti alzi.

La tua nippostanza e` ricoperta di polvere. Vestiti ovunque. I piatti semi-sporchi, li` sei fortunata. Mobili accalcati, ossa doloranti, medicinali e vitaminici sparsi. E che ca...

Raiisssiiiinnnnnnnn aaaaaaaappppppppppppppppp beeeeeeeck on deeee striiiiiiiiiiittttttssss

Metti in ordine lo stomaco. Svolti la camera come un calzino. Lessema voluto. Nipporevolution. Getti una busta intera di fogli, foglietti, fogliame, fogliamenti. Ho piu` piatti laminati io di quanta gente sia mai entrata a mangiare a casa mia. Non entrano persone quanti i piatti e bicchieri che ho. Te`, tisane, caffe`, cioccolatini d`ogni forma. Basta.

iiiizzzzz de aiiiss of taigeeeer izzzzzzz de criiiiimmmm offff de faitttt

Ti scrolli di dosso l`inadempienza, l`ignavia, l`accidia, la solitudine inerme del tuo frigorifero e ti rendi conto che nessun nervo accavallato e ingiunzione di pagamento deve essere lasciato al caso.

Io avro` pure messo ad Eye of the tiger l`intro di The Final Countdown come sempre, ma da questo momento deve venire fuori la cronaca di nipponia repressa da almeno sei mesi. Sara` questo sciabordio continuo di nippolavorese che infetta le mie cavita` aereofaringee fino alla nausea. Se posso passare l`aspirapolvere per piu`di 40 minuti in 30 metri quadrati, posso scrivere pure di sei mesi di Nipponia.


Le cronache di Nipponia vintage - Le cronache dell`inadempienza

Vivo a Nipponia da quasi due anni ormai. L`ho conosciuta, viaggiata, esplorata emozionalmente da una serie infinite di angolazioni. La costante e` stata il lavoro a contatto con la gente. E Aoyama Itchome.

Lavoro in media 14 ore al giorno in ufficio. Dormo circa 5 ore a notte. Vivo con l`ansia costante della scadenza, della lite dietro l`angolo, del cellulare che non spengo mai. E se si spegne cado in paranoia. Non so chi mi potra` cercare per quale urgenza. Il fornitore, il capo, il nuovo cliente, il cameraman, uno conosciuto ad un evento che vorrebbe iniziare un business a partire da una cena con me. Davids. Non sai mai chi possa essere.

E` domenica sera, sono le 23.57 e siccome sono sotto medicinali per la terza settimana consecutiva non ho insubordinatamente lavorato questo weekend. Lei mi avra` mandato 5 e-mail nell`arco di un`ora stamattina con diversi assignment, verifiche e progetti. Poi c`e` il nuovo copywriter che ha ancora una visione aziendale troppo nipponica ma lavora e quindi tocca a me fingere che siamo ancora in pieno sakoku. Il manager degli account ha fatto marcia indietro dalla sua crisi esistenziale e sotto promessa di una completa revisione ora segue una sorta di training zen dell`international business. Sotto il peso di milioni di mensetsu nessuno viene assunto nelle uniche posizioni da ricoprire urgentemente. E io mi metto a lavoro adesso, dopo la dovuta cronaca. E ho sonno.

Negli ultimi cinque mesi il mio lavoro e` stato ad alto voltaggio. Dopo quattro mesi di "prova" un giorno lei mi manda una mail che stabilisce che la teorica assistente account svolga un progetto, non un evento, ma una intera fair con tanto di costumizzazione del locale e lancio del nuovo prodotto da sola. Credo di aver lavorato anche 20 ore al giorno per la prima volta nella mia vita. Il progetto e` andato bene. Allora hanno iniziato a dimenticare sempre piu` il concetto di "assistente" e con qualche mese scarso di lavoro uno dopo l`altro si sono susseguiti progetti e posizioni da coprire per chi lasciava e assistenza da dimenticare solo sul biglietto da visita.

Risultato: il mio corpo ha iniziato a gridare.

Non ho una vita sociale. Il sabato ho sonno e la domenica pure, dopo aver dormito lavoro ma questo solo quando non sono fuori dalla mattina alla sera per un evento. Ogni qualvolta abbia preso un giorno di ferie ho lavorato piu` dei giorni normali. Tra marzo ed aprile ho avuto un paio di giorni liberi. Il telefono non smette mai di vibrare. Ho sonno.

A fine Gennaio mi sono resa conto una sera di avere la febbre a 37,8. Il giorno dopo sono andata a lavoro. In un`escalation febbricitante il mio corpo ha svettato verso i 38,5, i 39 e i 39,7, mentre io paonazza seduta in ufficio continuavo a scrivere il plan che lei voleva mostrare nel meeting delle 16.00. L`ho terminato, l`ho stampato e mi hanno costretto a correre in clinica. Febbre a 40 ed influenza A.

Tre giorni dopo ero a lavoro. Lei quel plan non l`ha mai mostrato.

Tre settimane fa avevamo un progetto immane con grand opening. Avevo la febbre a 38, ho terminato il grand opening senza voce e continuato a lavorare per due giorni fino alla completa esaustione delle forze, quando in lacrime e senza un filo di voce sono corsa in clinica. Stessi medicinali dell`influenza A. Quattro giorni a letto per niente. Sono tornata a lavoro senza la forza di reggermi, mi sono autoprescritta cortisone e venerdi` scorso ero di nuovo in clinica.

"Rosa-san. allora come sta..il petto e` un po` migliorato, ancora non sta bene.."
"Guardi, la febbre e` passata ma ho le placche, se mi tocca qui, le sente, ecco, non riesco a respirare, io sono asmatica..quei medicinali ovviamente non mi hanno guarito l`infezione.."
"Ohhhh (visino contrito), ma e` ancora un pochino rossa, vogliamo dare di nuovo..."
"No. Le medicine che mi ha dato l`altra volta non sono servite a niente, butto solo i soldi"
(molto contrito) "ma..non e` proprio cosi`.."
"Si` facciamo cosi`..un antibiotico per l`infezione e un aereosol per i polmoni eh, dotto`?"

Vivo in un Paese di persone lente. Di persone che si maltrattano, che si devastano e che non reagiscono a un mondo marcio e poco effettivo per consuetudine. E se cerco di cambiarlo sono io la gaijin, sono io che non rispetto, che stravolgo, che non so parlare, che non mi so comportare.

Ma il sakoku e` finito, finito!!!!!! Il commodoro Perry e` arrivato nel 1854 mica ieri!!! Basta, basta con questa lentezza stagnante e viscosa, basta con `sta permalosita` prorompente, basta con l`equazione discussione=lite, basta con le strutture e sovrastrutture e sottostrutture e verticalismi balordi come una puttana vergine, basta!

Un po` d`efficienza, fantasia, sogno. Un po` di bellezza, di flessibilita`.

Noi italiani saremo un popolo di caproni, di pigri, di furbi, ma almeno siamo talmente abituati a badare ai fatti nostri che incassiamo piu` di qualche colpo con una risata. E poi menti sagaci, visioni rapide e mirate al risultato. Che qua non abbiamo tempo da perdere, ma da godere al bar!!!

Lavoro cosi` tanto che la mia vita gira intorno a quello. Anche ora qui a gambe incrociate mi fluttuano nella mente i report e la mail e le discussioni e prevedere gia`la risposta da dare a quell`attacco che sai che verra`.

Allora, come spesso accade, non sono riuscita a scrivere quella cronaca che volevo svelare. Non ci ho messo dentro il Sanja matsuri di quest`anno, il Sumidagawa Koen con i suoi hanamisti assurdi, il meraviglioso sistema sanitario nippico, il gay pride!!!! E tutta Shinjuku sanchome!

Ma ormai ho deciso. Fuori tempo e senza fiato non scrivo nemmeno per me.

Un`altra cronaca verra`, questo e` sicuro.