martedì 4 novembre 2014

Le cronache offline - cronache d`autocensura

22.8.2014

Dicono tutti che vivere in Giappone e` facile o difficile. Nessuno dice mai perche`. A me hanno chiesto (e chiedono tuttora) sempre “ma riesci a mangiare le cose loro?”. Come se i giapponesi fossero una tribu` twarkika dell`Africa centrale e mangiassero solo cosce di stercorario al gratin. 

Due anni fa, o su di li`, ho preso il fagotto di piu` di 20 kg con i migliori auguri di Aeroflot e mi sono imbarcata. Ho visto la Russia, ho visto il freddo, ho visto la New Start, ho visto Aprile e ho visto Kazu. Ho scritto fin troppe cronache alla New Start da pensare di averle scritte solo li` e aver vissuto troppo poco per avere l`impellenza di rinunciare a due ore di sonno per scrivere di piu` in seguito. Uno dei miei propositi per il mio terzo anno e` quello di scrivere di piu` e con piu`utilita`, non me ne voglia Marco Togni.

Poi, ho visto tante cose. Chiamiamole cosi`.

Quando quel giorno lei mi disse vieni al xxxx Caffe` non avevo la minima idea del vortice che si fosse innescato. Non pensavo avrei cosi` appassionatamente amato un locale e un brand, non pensavo avrei mai tanto bramosamente desiderato una Giulietta sportiva con gli interni in pelle e non credevo ben due inshokugaisha si sarebbero alternate nella conduzione del locale mentre io sarei rimasta. Ho amato il xxxx Caffe` piu` del possibile per due lunghi anni e non riesco ancora a disinnamorarmene. Mi ha visto piangere, amare, fumare, bere, lavorare per 30 ore di fila, ci ho mangiato (piu` e piu` e piu` volte e con una molteplicita` di cuochi diversi), dormito su due stili di arredamento diversi e ho pulito dal pavimento alle pareti al piu` piccolo degli anfratti con tutto l`amore e la riconoscenza che avevo.

Ho lavorato al xxxx Caffe` per otto lunghi mesi. Ho scoperto quanto un giapponese medio possa amare l`Italia senza conoscerla davvero con un misto di tenerezza e desiderio senza pari. Forse come io amavo il Giappone da quattordicenne scema, senza sapere nemmeno cosa fosse lo Shikoku. Ho iniziato a toccare con mano la piu`pura e ingannevole sensazione di oseji e imparato a disprezzarla in ogni piu` subdola sfumatura. Ho desiderato fuggire da tutto cio` che avevo intorno, tranne che da quelle mure bianche immacolate e un po` decrepite, come fossero stanche di tante grida sommesse e tanti sporchi sussurrii.

E poi, un giorno, il mio datore di lavoro si rivela per quello che e` ed io da responsabile dell`Antenna Shop hop, un salto, e mi ritrovo ad essere responsabile, del xxxx Caffe`. Si apre il regno del marketing, degli eventi, delle personalita` e degli item. E non c`e` piu` niente che sia uguale a prima, tranne il Giappone e l`ipocrisia giudaica.

Due anni cosi` lunghi da non sembrare affatto trascorsi. Quest`estate, sono tornata a casa.

Mi ha colpito l`aria, perche` profumava di aria. Mi ha colpito il tipo al controllo dei passaporti, perche` dopo averlo guardato di sfuggita mi ha sorriso e mi ha detto “che c`e`? hai una faccia..” ed alla mia risposta “eh, dopo 12 ore di viaggio, 4 di scalo e altre 6..” ha ribattuto “e pensa se era il contrario, 4 di viaggio e 12 di scalo..”. Ho pensato aaaahhhhh, l`Italia. E sono stata felice.

Poi mi ha colpito quanto mi rendesse nervosa perdere le coincidenze e spendere 10 euro in piu` perche` se lo schermo indicava che il ritiro bagagli sarebbe stato dalle 13.30 alle 13.40 e` iniziato alle 13.46. E anche li`, meno felice, ho pensato aaaahhhhhh, l`Italia!

E mi ha colpito il tassista che vedendomi con i valigioni mi ha chiesto 70 euro per Fiumicino – Termini, quando io, anche di notte, ho speso spesso non piu` di 35 euro. Tutta pura Italianita`.

Ma tornare significa tornarsi e le montagne, a mia insaputa, erano ancora tutte verdi, gialle e blu. Potete non crederci, ma le mie montagne sono anche blu. O forse lo sono nei miei occhi innamorati, nel riflesso giallo del grano, nel profumo del paese sempre fermo, sempre uguale. Cosa che sia non so spiegarlo, ma sono di un blu piangente da sembrare solo liquida meraviglia.

Ho capito di essere stata in Giappone gia` nel treno, quando una ragazza di Policoro, con gli stivali rigorosamente sul sedile, ha rigorosamente desiderato informare tutto l`intercity Roma-Potenza delle sue avventure londinesi e dei Levi`s da capogiro che aveva comprato e di come avesse baciato il suo proprietario di casa ma non perche` le piacesse, ma perche` era ubriaca e alla fine era soltanto il custode e chissa` cos`altro.

E ora mentre scrivo un falco ondeggia su mio padre che scuote la terra con un rastrello. Un falco un po` piu` piccolo e maestoso di quelli di Kamakura.

Pensavo che avrei sfrenato tutte le mie inibite inibizioni, bevuto piu` Aperol di quanto potessi desiderare e passato le nottate ad intonare canti (ma perche`?), invece il piu` delle volte ho dormito, morta alle 23. E non sono uscita per le strade del paese festosa a salutare questo e quell`altro, ma ho soppesato ogni abbraccio. Le lacrime delle mie nonne, le risate dei miei cugini piu` piccoli. I visi felici per i regalini ma ancora piu`strette le braccia intorno a me per giocare. E sentirmi chiamare con cosi` tanto amore da vocine sottili che mi chiamavano come si deve, “Alessandra!”. E a Simone abbuoniamo il piu` dolce degli “Aeee”.

Non sono andata in giro per il paese a salutare, anche perche` ho sentito, forse per soggezione, fin troppi sguardi indagatori senza alcun pudore, fin quasi negli occhi a dirmi “tu chi sei? Perche` sei qui? Che vuoi? Come ti vesti?”. Come prima, in realta`. E ho iniziato ad evitare gli sguardi guardando fisso davanti a me e forse piu` di qualcuno che volevo realmente salutare in festa non l`ho nemmeno notato.

Ma chi ha voluto, e` venuto alle mie spalle a “tozzolarmi” per salutarmi, senza alcuna paesana e pseudo-nobiliare attesa. Con semplicita`, solo un “ciao, come stai, ti trovo bene...grazie per quella volta!”. Si`, e` questo che porto indietro. Ci entra, in valigia. E in quella a mano infilo gli abbracci caldi di chi non e` uscito con me fino al giorno prima di partire, ma e` cresciuto in quella piazzetta o davanti alla caffetteria con me, ha condiviso qualche notte di risate ciuote e stima e affetto di quelli semplici, solo perche` di fronte hai una persona buona. Abbracci di chi non si aspettava di vedermi perche` non l`avevo chiamato, ma che mi ha stretto le mani con gli occhi felici. Quello che conta.

Soprattutto, l`amore che non mi aspettavo. Quello di chi e` venuto da me. Dall`Irlanda, da Chiaromonte, da Napoli. Quello di chi ha litigato con le proprie, di amicizie, di chi ha superato tabu` e di chi ha smontato una tenda ed affrontato due viaggi per passare un`ora con me e farmi accarezzare un pancione e un pancino. A queste tre persone piu` di tutte un amore riconoscente piu` dell`acqua fresca.

Ho bisogno adesso di pensare a questo prima di tornare. Per aver la forza di ricordarmi chi ho ricordato di essere.

Perche` vivere in Giappone non e` facile. Soprattutto se hai a che fare con gli stranieri.

Non importa quanto io abbia lavorato notte e giorno, non importa quale straordinario o compito di supporto emotivo non contemplabili da alcun contratto io mi sia accollata, non importa quanto io abbia amato fino all`esasperazione amara tutto cio` che ho fatto, passando i pochi giorni di riposo a dormire e vedere film o ad inseguire un amore acerbo e inarrestabile, come non importa che al 15 d`agosto, in vacanza e festivo in Italia quanto in Giappone, io abbia consegnato piu`di 50 pagine di after report, o che abbia continuato a lavorare e coordinare il necessario per non trovarmi incasinata al ritorno, quando qualcuno e` sporco dentro, cerchera` sempre di mettertela a quel posto. Deve essere la datoredilavorite o qualche infezione del genere, non ci sono spiegazioni.

Ma se li` mi sarei disperata nel panico, l`Italia mi ha ricordato una cosa fondamentale. Se in un`altra vita Yamato mi ha dato natali che mi hanno di forza riportata in una casa mai dimenticata, in questa vita io sono italiana. Sono nata italiana e peggio ancora sono cresciuta Rosa e pignolese. E se c`e` una cosa che mi premurero` sempre di insegnare al prossimo e` che non si ruba a casa dei ladri.

Percio`, il contratto che mi e` stato garantito e promesso si firmera`, questo e` certo. E le condizioni aggiuntive venute fuori dal nulla a danneggiarmi all`accenno di un tentativo di illegalita` da me negato, quelle si discuteranno a lungo, con tutti gli organi competenti necessari.

Perche` non e` vero che in Giappone non ci siano leggi che non tutelino i lavoratori, ne` sindacati, ne` 8 ore lavorative con straordinari pagati e quant`altro, solo non ci sono giapponesi che vi si appellino. Perche` la loro ignavia emotiva non gli ha insegnato il nobile concetto del diritto del lavoratore e quello ancora piu` nobile della sua dignita`. Se in Italia la crisi lo sta cancellando, forse sarebbe ora di divulgarlo anche in Sol Levante, dove pare non sia ancora arrivato.

Perche` non mi stanchero` mai di dirlo: il fine ultimo del vivere e` la felicita`.









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